FOSCO

Fosco (storia de nu matto)
scritto, diretto e interpretato da Peppe Fonzo
musiche Flavio Feleppa
produzione Magnifico Visbaal Teatro

 

«Ma lu Fosco… ma chi era? Lo scemo de lu paese che si presentava sempre alla stessa ora la sera. Quanno arrivava se metteva mmiezo a la chiazza e faceva ridere… Tutti erano contenti e se divertivano come mmatti, ma lui non rideva mai… »
Uno spettacolo ispirato a lu Frasulino, brano dialettale assolutamente sconosciuto di Domenico Modugno, che mescola la narrazione teatrale a momenti musicali e ad altre perle del cantautore salentino (lu Salinaro, Sciccareddu mbriaco, La sveglietta). Fosco lu matto è un personaggio ai margini, il pazzo/buffone che tutti deridono, sempre insultato e bastonato, un disadattato che brucia di solitudine. Prima era uno come gli altri, con un lavoro, una casa, una vita monotona e integrata nella comunità, ma un giorno impazzisce e diventa u scemo de lu pese e nessuno si chiede il perché, anzi pare che per tutti sia meglio così… Sullo sfondo le immagini di un paesino del sud non meglio identificato, un contesto in cui la durezza della vita, la difficoltà dell’ignoranza, danno corpo alla storia de nu povero cristo.
«È un lavoro dedicato ad un mio pro zio, Peppe Lu Negus, lu scemo di Casalbore (paese originario di mia madre arroccato su una montagna nell’entroterra Sannita, che confina con la Puglia) — racconta l’autore, attore e regista Peppe Fonzo —, luogo al quale si ispirano ambientazioni, episodi e inflessione dialettale. Peppe lu Negus era un inavvicinabile, che viveva con il suo asino, il solo a cui rivolgeva la parola. Quando mi raccontavano di lui, sentivo un profondo senso di misericordia misto ad ammirazione: un uomo isolato che sceglieva l’isolamento mentale per sfuggire alla desolazione dell’isolamento geografico. Chissà cosa pensava? Che vita aveva fatto prima di diventare Lu Negus? Era davvero pazzo o semplicemente interpretava un ruolo? Mescolando le sensazioni di un bambino a testimonianze raccolte e romanzate, ispirandomi alla durezza della vita contadina del dopoguerra con i racconti veristi, nasce Fosco, un cunto musicale disarmante nella sua semplicità. Un attore e un fisarmonicista si alternano in una commistione sonora, linguistica e fisica, accompagnando lo spettatore in un percorso che odora di cenere, di pietra, di terra, di sale e di fatica, dove le note del musicista e la voce dell’attore creano momenti comici, drammatici, malinconici e surreali».