IL VECCHIO E IL MARE

10344347_10203901423365668_2696821264550616284_oIl vecchio e il mare

di Ernest Hemingway
con Paolo Cresta
Carlo Lomanto, voce e chitarra

“L’uomo non è fatto per la sconfitta. L’uomo può essere ucciso, ma non sconfitto.” Il silenzio del mare, i tempi morti sotto il sole, e la battaglia, veramente epica, che  un vecchio pescatore stanco ingaggia con un pesce. Una battaglia che è propria della lotta dell’uomo col trascorrere del tempo e contro il suo limite, la vecchiaia e la morte. Una battaglia dalla quale l’uomo esce sempre sconfitto perché  anche quando vince non trionfa mai del tutto. Il vecchio e il mare in fondo è questo: il testamento spirituale di uno scrittore  che sente addosso tutto il peso di una vita nella quale ogni vittoria è illusoria. Eppure paradossalmente l’ultimo capolavoro di Hemingway, nel suo dolente percorso verso la sconfitta finale, è un inno alla speranza  alla necessità di credere come unico antidoto alla morte la storia di una sconfitta.

A noi Il vecchio e il mare è piaciuto rileggerlo così. Come la storia di una speranza. Lucida, disperata, ostinata. La storia di una battaglia delirante contro un destino implacabile che sembra farsi beffa degli sforzi umani. Un vecchio stanco ma indomito  e  il suo mare a tratti placido, a tratti tempestoso, che dona e sottrae secondo una logica primordiale che sfugge ad ogni logica umana.
In quest’ottica la scelta di un racconto musicale o se vogliamo di una partitura letteraria,  nella quale le sonorità e i ritmi della musica cubana ridondanti di suggestioni si intreccino con le parole scarne, asciutte  e per questo tanto più prepotentemente coinvolgenti di Hemingway, ci è sembrata l’unica strada percorribile. La sola, forse, capace di restituire in maniera forte la raggelante esaltazione che accompagna l’eterna battaglia dell’uomo contro un’invincibile avversaria: la rassegnazione del vivere.